sabato 5 gennaio 2013

Be Safe: un libro che non passa inosservato

«La vostra ultima canzone - Il cammino del disertore - non passa inosservata», dice Maria, l'agente musicale di Oskar e Marka. Anche il libro in cui si narra la loro vicenda è destinato a non passare inosservato: Be Safe di Xavier Laurent Petit per i tipi di Rizzoli. Anzitutto per il tema: che cosa succede quando, un ragazzo in cerca di lavoro, arruolato in modo un poco canagliesco nell'esercito, viene spedito in una missione "di pace"? L'ambiente è una delle tante periferie desolate di una città di provincia degli Stati Uniti. Stabilimenti chiusi - l'industria, e quindi il lavoro, soprattutto per i giovani, si è spostato altrove - ragazzi disoccupati. Un giorno Jeremy viene accalappiato da due soldati in scintillante divisa che gli chiedono: «Vuoi un lavoro?» Lui accetta e si ritrova abile, arruolato. Qui cominciano i problemi. Al padre per poco non viene un colpo, e si intuisce che sotto questa disapprovazione c'è qualcosa che non viene subito svelato.  Jeremy si rivela immediatamente un tiratore scelto e invece di far ponti (motivazione con la quale si era arruolato) finisce nelle truppe scelte superspecializzate. A questa vicenda se ne lega un'altra, quella di Oskar, il fratello minore di Jeremy,  che aveva condiviso con lui, prima della partenza,  la passione per la musica. Conosce una ragazza, Marka con la quale, per gioco fonda un gruppo rock-pop-country-blues.... insomma un duo canoro. Compongono canzoni, e sotto la pressione della situazione dei loro fratelli - anche quello di Marka, Jeff, disoccupato, si è arruolato - trovano un filone nuovo. Ispirati dalle e-mail che arrivano dal fronte lontano, tentano, con un grande successo - di combinare i terribili racconti ivi contenuti con il groviglio di emozioni e sensazioni che innerva la loro vita di adolescenti affacciati al mondo.
L'anticonvenzionalità della riflessione sulle "missioni di pace" è l'aspetto più stimolante del libro. Un inferno nel quale non pochi 'boys' - così sono chiamati i soldati americani coinvolti - perdono il lume della ragione. Un inferno nel quale essi si ritrovano non per scelta consapevole, ma attratti da una propaganda illusoria e in fin dei conti reazionaria.
Subito dopo viene la freschezza dei personaggi che rimangono a casa e attendono notizie dal fronte, Oskar e la sua ragazza, che vivono questa esperienza in modo un po' nostalgico e retrò, stile anni sessanta, con il supporto della musica, del canto. Come non farsi venire in mente il Vietnam, Bob Dylan, Joan Baez, i garages in cui fare musica e le proteste degli studenti? E il Vietnam ritorna prepotentemente nel racconto, attraverso il padre di Jeremy e Oskar, quasi come una ferita in suppurazione che non si è mai rimarginata nell'immaginario americano (ma direi occidentale)  e che ritrova schemi, svolgimenti e risultati in tutti i successivi impegni militari dell'esercito statunitense. Un tentativo di svelare di che sangue grondan gli scettri adatto a un pubblico giovane che non sa più.
Ancora una parola sull'anticonvenzionalità di questo romanzo legata ai tempi odierni: non è oggi di moda parlare di pacifismo, l'azione militare si è sdoganata nell'immaginario attraverso il camuffamento con le 'missioni di pace'. Ma il libro smaschera l'ipocrisia: la guerra è guerra, con qualsiasi nome essa venga chiamata. 

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