«La vostra ultima canzone - Il cammino del disertore
- non passa inosservata», dice Maria, l'agente musicale di Oskar e
Marka. Anche il libro in cui si narra la loro vicenda è destinato a non
passare inosservato: Be Safe di Xavier Laurent Petit per i tipi di Rizzoli. Anzitutto
per il tema: che cosa succede quando, un ragazzo in cerca di lavoro,
arruolato in modo un poco canagliesco nell'esercito, viene spedito in
una missione "di pace"? L'ambiente è una delle tante periferie desolate
di una città di provincia degli Stati Uniti. Stabilimenti chiusi -
l'industria, e quindi il lavoro, soprattutto per i giovani, si è
spostato altrove - ragazzi disoccupati. Un giorno Jeremy viene
accalappiato da due soldati in scintillante divisa che gli chiedono:
«Vuoi un lavoro?» Lui accetta e si ritrova abile, arruolato. Qui
cominciano i problemi. Al padre per poco non viene un colpo, e si
intuisce che sotto questa disapprovazione c'è qualcosa che non viene
subito svelato. Jeremy si rivela immediatamente un tiratore scelto e
invece di far ponti (motivazione con la quale si era arruolato) finisce
nelle truppe scelte superspecializzate. A questa vicenda se ne lega
un'altra, quella di Oskar, il fratello minore di Jeremy, che aveva
condiviso con lui, prima della partenza, la passione per la musica.
Conosce una ragazza, Marka con la quale, per gioco fonda un gruppo
rock-pop-country-blues.... insomma un duo canoro. Compongono canzoni, e
sotto la pressione della situazione dei loro fratelli - anche quello di
Marka, Jeff, disoccupato, si è arruolato - trovano un filone nuovo.
Ispirati dalle e-mail che arrivano dal fronte lontano, tentano, con un
grande successo - di combinare i terribili racconti ivi contenuti con il
groviglio di emozioni e sensazioni che innerva la loro vita di
adolescenti affacciati al mondo.
L'anticonvenzionalità della riflessione sulle "missioni di pace"
è l'aspetto più stimolante del libro. Un inferno nel quale non pochi
'boys' - così sono chiamati i soldati americani coinvolti - perdono il
lume della ragione. Un inferno nel quale essi si ritrovano non per
scelta consapevole, ma attratti da una propaganda illusoria e in fin dei
conti reazionaria.
Subito dopo viene la freschezza dei personaggi
che rimangono a casa e attendono notizie dal fronte, Oskar e la sua
ragazza, che vivono questa esperienza in modo un po' nostalgico e retrò,
stile anni sessanta, con il supporto della musica, del canto. Come non
farsi venire in mente il Vietnam, Bob Dylan, Joan Baez, i garages in cui
fare musica e le proteste degli studenti? E il Vietnam ritorna
prepotentemente nel racconto, attraverso il padre di Jeremy e Oskar,
quasi come una ferita in suppurazione che non si è mai rimarginata
nell'immaginario americano (ma direi occidentale) e che ritrova schemi,
svolgimenti e risultati in tutti i successivi impegni militari
dell'esercito statunitense. Un tentativo di svelare di che sangue grondan gli scettri adatto a un pubblico giovane che non sa più.
Ancora
una parola sull'anticonvenzionalità di questo romanzo legata ai tempi
odierni: non è oggi di moda parlare di pacifismo, l'azione militare si è
sdoganata nell'immaginario attraverso il camuffamento con le 'missioni
di pace'. Ma il libro smaschera l'ipocrisia: la guerra è guerra, con
qualsiasi nome essa venga chiamata.
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